La nostra storia: intervista a Bruno Lazzarini

Quest’anno abbiamo incontrato BRUNO LAZZARINI, classe 1940, centrocampista con un fisico ed una grinta alla Gattuso ma con i piedi molto più buoni.

Bruno desidera premettere che la nostra Polisportiva deve sicuramente essere grata a personaggi come Giancarlo Magni che, ai suoi tempi, faceva l’allenatore, il magazziniere, tracciava le righe sul campo, insomma era il vero factotum della squadra: qualsiasi cosa, qualsiasi problema, qualsiasi necessità passava attraverso lui (provvedeva addirittura a ritirare le maglie dopo le partite portandole a casa propria per farle lavare!). Era coadiuvato, nelle sue mansioni, da LUIGI BORROZZINO, storico “massaggiatore” e grosso lavoratore in funzione della squadra, e dal Cav. STRADA che è stato, oltre che tra i fondatori, anche “Il Presidente” per antonomasia della nostra Società.

Ai suoi tempi tutti i giocatori lavoravano (soltanto alcuni, i più fortunati, studiavano) e, con gli orari di lavoro abituali (che prevedevano la presenza in azienda per 10-12 ore al giorno), tempo per gli allenamenti ne restava pochissimo. Quindi c’era soltanto una seduta di allenamento settimanale che, nella maggior parte dei casi, veniva saltata proprio a causa degli impegni di lavoro.

Il “povero” Magni si trovava così, ad ogni sabato sera, a fare “la conta” dei giocatori sui cui far conto per la partita domenicale di campionato andandoli a trovare personalmente a casa (ai tempi il telefono l’avevano in pochi); non solo, ma spesso, i giocatori che avevano dato per certa la propria presenza, la domenica mattina non si presentavano per i più svariati motivi (non avevano sentito la sveglia, erano indisposti o, molto più semplicemente, non avevano voglia di giocare). Ed allora bisognava girare nuovamente casa per casa per convincerli (o convincere i genitori) a prendere i propri attrezzi da gioco e seguirli. Insomma: ogni partita era un’avventura!

Finalmente, una volta completata la rosa (fortunatamente, è il caso di dirlo, a quei tempi si giocava “soltanto” in 11), grazie ad alcuni genitori che disponevano di un’autovettura, si raggiungeva il campo di calcio di destinazione.

Non esistevano gli spogliatoi di oggi, spesso ci si cambiava dietro ad una parete e spesso lo si faceva a cielo aperto. Ma tutto ciò era allegramente sopportato perché, a quel punto, la voglia di giocare era tanta e la passione faceva accettare di tutto; anche il fatto che le docce, molto frequentemente, erano semplici rubinetti ad altezza d’uomo, sotto cui infilare la testa, le braccia, eccetera. Ovviamente, non esisteva l’acqua calda e, sia in estate che, soprattutto, in inverno, magari ricoperti di fango, ci si lavava con acqua gelida ed era singolare vedere come l’acqua evaporava a contatto con il calore dei corpi sudati!

All’inizio della propria “carriera” (Bruno ha sempre giocato solo ed esclusivamente per la nostra Società) la squadra era a 7 giocatori ed il campo di calcio era alle spalle del Cinema San Giuseppe, al posto dei palazzi che ci sono attualmente in Via Roma 16. Il campo, in terra battuta, non era rettangolare perché, per far posto alla rotatoria di Piazza Immacolata, mancava totalmente di un angolo. Quando su quel lato doveva essere battuto il calcio d’angolo, il pallone veniva posizionato sulla riga di centrocampo. – Anche in questo caso gli spogliatoi erano stati ricavati negli scantinati del cinema (se non altro si era al coperto) mentre le docce erano costituite da un rubinetto all’aperto.

Quando venne reso disponibile l’attuale campo dell’Oratorio San Giuseppe (fino a quel momento utilizzato come orti), gli spogliatoi non erano stati ancora costruiti. Per indossare gli indumenti sportivi ci si cambiava dietro una palizzata e, per lavarsi, si usufruiva di un piccolo rigagnolo d’acqua che scorreva ai bordi del campo.

Erano anche tempi in cui, oltre all’agonismo, si cominciava a disquisire di tattiche e di moduli di gioco. A quell’epoca il grande Gipo Viani aveva inventato il “Vianema” che prevedeva la disposizione in campo dei giocatori con uno schieramento a forma di “WM”: con questa disposizione il Milan aveva vinto un campionato ed il nostro allenatore, Magni, ne era un convinto assertore. Nel frattempo, altre squadre avevano iniziato ad adottare il “libero” e questa disposizione, che avrebbe trovato poi molti convinti sostenitori e che dura ancora oggi, sembrava dare migliori frutti.

Nel frattempo Magni con la sua disposizione tattica vinceva il girone del campionato e si accingeva a disputare le partite di finale contro le altre squadre vincitrici che adottavano tutte la tattica che prevedeva l’utilizzo del libero.

La finale doveva essere disputata presso il Centro Sportivo Cappelli di Milano e, prima della finale il “nostro Bruno” consigliò a Magni l’adozione del libero, ricevendo un netto rifiuto. L’avversaria era fortissima ed aveva dominato il proprio girone giocando con il libero. Nonostante l’accesissima discussione, la spuntò l’allenatore e la nostra squadra scese in campo con la disposizione a “WM”. Il risultato finale fu un 6-0 in favore dei nostri avversari: inutile aggiungere che da questa “lezione” però Magni imparò molto, tanto che da allora la nostra squadra adottò in pianta stabile la tattica con il libero fisso.

Ma la delusione fu cocente ed il dispiacere così grande che al momento di tornare a casa vennero “dimenticati” al campo Cappelli due nostri giocatori (uno dei quali fu proprio Bruno) che per tornare a Bresso, con i mezzi di allora, impiegarono più di tre ore con le loro famiglie ed i nostri Dirigenti allarmati e preoccupati per la loro assenza.

Ma le “avventure” maggiori (e peggiori) si vivevano quando si giocava in trasferta: il nostro girone prevedeva numerose partite in Brianza ed all’epoca il campanilismo era molto sentito e giocava brutti scherzi. Se si perdeva andava tutto bene, ma se il risultato ci era favorevole (sia con un pareggio o, peggio, con una vittoria) ogni volta erano drammi: invasioni di campo, sassate, pestaggi! Quante volte siamo usciti dal campo tra le grida ostili del pubblico, quante volte abbiamo lasciato i paesi scortati dalla forza pubblica, quante volte siamo tornati a casa coperti di lividi non dovuti a falli a seguito di azioni di gioco! Se poi il risultato negativo per la squadra di casa era originato da un errore arbitrale (o supposto tale) venivamo assediati negli spogliatoi fino a quando i Carabinieri non liberavano sia noi che l’arbitro.

Ma non mancarono anche soddisfazioni che ci riempirono d’orgoglio e ci fecero sentire tutta l’importanza di far parte di una Società stimata e rispettata nell’ambiente sportivo come quando, giocammo contro il Cinisello che veleggiava al comando della classifica a punteggio pieno; si giocava sul loro campo, la partita precedente avevamo pareggiato in casa 2-2 contro una formazione di bassa classifica e loro avevano fatto una goleada contro la squadra seconda in classifica! Il nostro gioco, pur essendo bello, non possedeva le caratteristiche che ci avrebbero potuto far emergere, tant’è che eravamo a centro classifica senza infamia e senza lode. Scendemmo in campo con la convinzione di prendere 6-7 “pere”, determinati però a vendere cara la pelle anche perché, essendo Cinisello confinante con Bresso, era una sorta di derby. Dopo dieci minuti avevamo già subito due gol e tutto lasciava presagire che la partita si sarebbe conclusa con un’altra goleada a favore del Cinisello. A quel punto si infortunò un nostro giocatore che dovette abbandonare il campo: la nostra squadra si trovava così a dover disputare il resto della gara in dieci uomini (all’epoca non erano consentiti i cambi). E quì avvenne il miracolo: Bruno realizzò un gol capolavoro “dribblando” mezza squadra avversaria e rimise in forse il risultato. Il primo tempo si concluse sul 2-1 per gli avversari. Negli spogliatoi Magni “caricò” i giocatori a tal punto che nella ripresa dominammo gli avversari riuscendo anche a segnare il secondo gol e concludendo la partita sul 2-2! Uscimmo dal campo tra gli applausi del pubblico e con i complimenti dell’allenatore avversario: quella fu l’unica partita pareggiata dal Cinisello che vinse tutte le altre gare (compreso il ritorno in casa nostra).

Quell’episodio è rimasto indelebile nella mente di Bruno (e non solo) che, ricorda, fece inorgoglire tutti i componenti della squadra e fece loro comprendere l’importanza dell’appartenenza alla nostra Società.

Società che, lo ha ripetuto spesso Bruno, non deve mai scordare l’importanza che ebbero fin dalla fondazione, il Cav. Strada e Magni, grazie ai quali noi oggi esistiamo e grazie ai quali sono state tracciate le linee guida che ancora oggi tutta la nostra Dirigenza prende ad esempio per offrire all’attuale gioventù bressese un ambiente sano in cui misurarsi con i proprio coetanei.

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